Quadro Fondativo relazioni - Attività dell'agricoltura
LA FLORICOLTURA
L'immagine della provincia nel mondo è legata in larga misura all'eccellenza della produzione floricola.
La provincia di Imperia è la sola dell'Italia settentrionale nella quale i prodotti della terra rappresentino la prima voce delle esportazioni. In tale settore la floricoltura, con circa 6.000 aziende, rappresenta a sua volta la quota maggioritaria, collocando la provincia al primo posto tra le italiane; su una produzione lorda vendibile del settore agricolo provinciale di circa 450.000 milioni, la floricoltura contribuisce nella misura del 90 %. L'attività è geograficamente concentrata nei comuni costieri di ponente: quella protetta interessa prevalentemente la fascia litoranea nel tratto da Ventimiglia a San Lorenzo; quella in pien' aria le collina litoranee e quelle interne vallive.
Le tendenze del settore possono essere così sintetizzate:
- in termini quantitativi la produzione tende a diminuire,
- la quota dei fiori recisi di serra si è decisamente ridotta, a vantaggio dei fiori recisi coltivati in pien'aria e delle piante da vaso,
- è in atto da tempo una redistribuzione territoriale, con dismissione di alcune aree più prossime alla conurbazione costiera e espansione verso l'interno o le pendici.
La tendenza continua all'aumento dei costi dei combustibili fossili ha consolidato la propensione alla dismissione delle colture in serra.
La redistribuzione spaziale dipende tanto da fattori interni connessi con la riorganizzazione produttiva e l'evoluzione del mercato, quanto da spinte esterne che tendono a espellere le colture a vantaggio di usi del suolo più remunerativi sotto il profilo della valorizzazione immobiliare dei terreni. La conflittualità da tempo in atto nelle destinazioni può offrire occasioni di riorganizzazione dell'assetto insediativo in alcuni punti nevralgici del territorio, a condizione che si definiscano modalità corrette sia per la riconversione delle aree, sia per l'acquisizione al settore floricolo di nuovi spazi idonei, al fine di garantire e sostenere la produzione.
Altri problemi emergenti specifici del settore sono:
--- l'assenza di una programmazione di orientamento alle produzioni e di coordinate strategie per la ricerca,
--- la mancanza di azioni di contrasto alla forte concorrenza interna ed estera,
--- i problemi di impatto verso l'ambiente ed il paesaggio,
--- i disagi connessi alle problematiche infrastrutturali generali, in particolare la congestione della viabilità costiera.
L'AGRICOLTURA TRADIZIONALE, LA FILIERA AGROALIMENTARE
Il fenomeno storico dell'industrializzazione, intervenuto principalmente nei territori a morfologia pianeggiante o comunque regolare, ha portato con sé incrementi quasi inconcepibili della produttività per unità di lavoro e per unità di superficie, ottenuti a spese di usi sempre più massicci e di energie non rinnovabili (in forma di energia meccanica, sostitutiva del lavoro umano e animale, e di energia chimica, sostitutiva degli apporti nutritivi del terreno) e a scapito della qualità dei prodotti e dell'ambiente. Le limitate porzioni di territorio nelle quali questa evoluzione ha trovato condizioni favorevoli (in Italia principalmente la pianura padana) hanno messo fuori mercato grandi estensioni di terreni meno adatti, che spesso erano state le più fertili in passato.
L'effetto dell'espulsione dal mercato di vaste aree collinari e montane si è manifestato sotto forma di marginalizzazione, che assume un duplice aspetto: marginalizzazione dell'agricoltura tradizionale, marginalizzazione della società e del territorio rurale. Di qui i fenomeni ben noti dell'erosione demografica, dell'assistenzialismo, del part-time, della frammentazione, del deterioramento del capitale sociale fisso rappresentato dall'infrastrutturazione agraria tradizionale.
La marginalizzazione è spesso il preludio all'abbandono definitivo. Lo stato di abbandono ormai pluridecennale ha connotato in modo diffuso i nostri boschi (che per vaste aree si presentano con basso livello qualitativo e diffusa presenza di fitopatie), le aree seminative interne ed una consistente porzione del territorio olivicolo provinciale (circa 10.000 ettari di ex coltivato caduto in abbandono dal 1954), ancorché in questo caso, più recentemente si palesi l'effetto positivo delle politiche di sostegno al rinnovamento vegetativo dei "boschi d'olivo". Si osserva anche la decisa valorizzazione delle produzioni agroalimentari tradizionali (di tipo artigianale) e la conquista di nuove nicchie di mercato, anche in connessione con i nuovi stimoli provenienti dall'utenza turistica (agriturismo, strade di prodotto…); tra queste in fase decisamente espansiva, soprattutto sul piano della qualità e dei nuovi sbocchi di mercato nonché della remunerazione, è quella vinicola.
La filiera agroalimentare ha una componente primaria (agricoltura) e una secondaria (trasformazione e commercializzazione). La prima componente si basa, in larga misura, su aziende agricole familiari, in gran parte condotte a part time, con scarsa propensione però all'innovazione e all'investimento. Essa ha un ruolo importante non solo nell'economia della provincia, ma anche ai fini della notorietà e della positiva caratterizzazione della sua immagine. Pertanto l'importanza del settore trascende il peso economico e occupazionale.
Si deve rilevare positivamente la tendenza a una crescente integrazione, anche di tipo spaziale, tra agricoltura e successive lavorazioni, fino al confezionamento e in taluni casi alla vendita diretta al dettaglio. Questa tendenza, combinata alla crescita del mercato dei prodotti di qualità, pone le basi per lo sviluppo dell'intero settore e per un potenziale recupero, almeno parziale, delle colture da tempo in condizioni di abbandono. Ciò soprattutto, per quanto riguarda l'olio, nella prospettiva di una più ampia adesione dei produttori ai protocolli di certificazione d'origine e di genuinità del prodotto.
Sotto il profilo dell'assetto territoriale, gli oliveti sono stati oggetto di processi estensivi di abbandono dovuti a un insieme di fattori che incidono negativamente sulla competitività, quali:
- la globalizzazione ha fatto emergere nuovi aggressivi concorrenti a fronte di un'insufficiente tutela del prodotto locale;
- le difficoltà legate alla morfologia e all'accessibilità;
- le tipologie delle aziende e degli impianti colturali, che aggravano i costi di manutenzione e di raccolta;
- il basso livello di organizzazione dei coltivatori, che sottrae una parte rilevante del valore aggiunto a vantaggio di altre categorie di operatori.
A livello più generale altre difficoltà "strutturali" hanno gravato e gravano sulle attività agricole di tipo tradizionale o semiproduttivo:
- lo spopolamento dell'entroterra e la mancanza di ricambio generazionale;
- la polverizzazione delle aziende agricole e la frammentazione fondiaria correlata alla limitata disponibilità all'aggregazione.
UNA LETTURA DEL TERRITORIO PER AMBITI DI VOCAZIONE AGRICOLA
L'articolazione della L.R. 36 ed in particolare il combinato tra l'art. 20 - 1 d), l'art. 35 e l'art. 36 richiede l'individuazione di partizioni funzionali di livello territoriale attinenti gli usi agricoli.
In particolare all'art. 35 viene espresso l'onere, da parte del P.T.C., di fornire indicazioni ai P.U.C. ai fini dell'individuazione delle aree destinate (o da destinare) allo svolgimento delle attività di produzione agricola, nonché quelle per attività silvo - pastorali ed in particolare per le destinazioni a serre. Altre indicazioni possono essere fornite dal P.T.C. in ordine alle caratteristiche tipologiche e d'ingombro dei manufatti a servizio delle aree agricole.
Si è ricercata quindi una modalità di individuazione di detti "Ambiti di vocazione agricola", tenendo a riferimento:
-- la carta dell'uso reale del suolo, aggiornata;
-- tutte le informazioni tecniche derivanti dalla Descrizione Fondativa;
-- lo stato delle previsioni urbanistiche (mosaico SUG regionale, aggiornato).
Sono da ben evidenziare i limiti di competenza e di scala di tale suddivisione, che vuol corrispondere prevalentemente all'esigenza di fornire indirizzi in ambito provinciale per orientare e supportare sia le politiche di sostegno alle produzioni agricole, sia l'azione comunale, riconducendola ad un riferimento di scala più ampia anche relazionato con i principi di sostenibilità ambientale.
Le perimetrazioni a grande scala individuate degli Ambiti agricoli assumono significato d'orientamento unicamente con riferimento alle vocazioni d'uso del suolo per attività di produzione agricola e non quindi per altri aspetti o altre destinazioni d'uso, ancorché geograficamente comprese all'interno degli ambiti individuati.
PARTIZIONI DEL TERRITORIO IN "AMBITI DI VOCAZIONE AGRICOLA"(IN PROGRESSIONE DALLA LINEA DI COSTA VERSO MONTE):
ZONA DI INSEDIAMENTO URBANO ED INFRASTRUTTURALE: è territorio ormai privo di vocazionalità al fine delle produzioni agricole in quanto destinato alla residenza (comprende anche previsioni o vocazioni di ampliamento già delineate dai PUC), alle infrastrutture ed altre attività produttive o per servizi. Pur tuttavia residuano all'interno della zona perimetrata aree adibite a pratiche agricole intensive ed oliveti .
AMBITO A VOCAZIONE ORTOFLORICOLA (Agricoltura produttiva, intensiva, "di mercato"): la diffusione all'interno dell'ambito di colture di questo tipo è prevalente o potenzialmente incrementabile per caratteri morfologici del territorio, situazioni logistiche e presenza già in oggi di una sufficiente "massa critica". E' zona vocata per la tutela delle produzioni intensive, territorio dove sono prevalentemente relazionati i sostegni dell'Asse 1 del Piano di sviluppo Agricolo regionale.
AMBITO A VOCAZIONE OLIVICOLA E VITICOLA "VALIDA" (agricoltura tradizionale, ma potenzialmente semi-produttiva). Si intendono da questo ambito escluse zone olivicole abbandonate e/o non recuperabili a condizioni di produttività per questioni morfologiche (sopra i 600 m. di quota, pendii eccessivamente ripidi e/o terreni aridi e duri, esposizioni non favorevoli anche non oltre i 450 m.) o logistiche (pressoché totale assenza di viabilità d'accesso e insostenibilità di nuove realizzazioni, eventuale eccessiva distanza dalle strutture di trasformazione del prodotto).
E' la zona vocata al recupero di maggior produttività dell'oliveto, nonché all'espansione e riqualificazione delle produzioni viticole e filiere correlate. E' altresì la zona dove maggiormente si estende il tipico paesaggio del "bosco d'olivo" che fa da cornice ai nuclei collinari storici. Localmente ed in superfici contenute sono presenti coltivazioni orto-floricole.
AMBITO A VOCAZIONE AGRICOLA TRADIZIONALE E/O SILVO-PASTORALE: per differenza è tutto il restante territorio geograficamente posto a monte, che è fondamentalmente ambito "di presidio" o "non insediabile". In tale contesto le utilizzazioni agricole presentano complessivamente carattere di marginalità mentre prevale la funzione di presidio e cura del territorio e di conservazione dei valori "culturali" dell' agricoltura tradizionale, e ad essa sono rivolti particolari sostegni dell'Asse 2 del Piano Regionale di sviluppo rurale 2000-2006.